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Buonvicini Lucia (1906-1945)

Lucia Buonvicini (1906-1945)

buonvicini_lucia La versione integrale di questa biografia è disponibile presso la sede AARDT

«(…) sono una Svizzera autentica che ama l’Italia come una seconda patria perché quella di mio marito e dei miei figli.»

Lucia Pizzigaglia, detta Lucietta, nacque a Bellinzona nel giugno del 1906, figlia di Demetrio Pizzigaglia e di Luigia Bösterli. Il padre, di fede socialista, ebbe sicuramente un’influenza politica sulla giovane Lucietta, e la portava con sé alle manifestazioni cittadine del Primo di maggio.

Nel 1930 Lucietta si sposò col pittore Romolo Buonvicini, dal quale ebbe tre figli: Riccardo (1930), Renzo (1935) e Maria Luisa (1939). A causa della crisi degli anni Trenta e delle ristrettezze economiche in cui versava la famiglia, decisero nel 1937 che Lucietta si sarebbe trasferita a Oria (Valsolda), paese originario dei Buonvicini, insieme al secondogenito e al suocero, mentre il figlio maggiore e il marito restarono a Bellinzona. Fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale, e alla conseguente chiusura delle frontiere, la famiglia si ricongiungeva nel fine settimana.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Lucietta Buonvicini si arruolò con il nome di “Nichi” come partigiana tra le fila della 52° Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Clerici”, attiva lungo la frontiera con la Svizzera. Ricoprì il ruolo di collegatrice fra i vari reparti, occupandosi della trasmissione di documenti e informazioni.

A seguito dei numerosi rastrellamenti nazifascisti iniziati verso la fine del 1944, Lucietta fu arrestata sei volte. Dopo l’ultima scarcerazione le fu intimato dal Comando della Brigata Nera di Porlezza di allontanarsi almeno 30 chilometri da Oria. Fu così che, lasciati i figli minori in un collegio di Porlezza, il 5 febbraio 1945 sconfinò attraverso i monti e raggiunse il marito e il figlio Riccardo a Bellinzona.

Con la resa tedesca dell’8 maggio 1945, volle tornare a Oria per riabbracciare i suoi figli e probabilmente smascherare alcuni “traditori” della Resistenza. Trovando ancora chiuso il confine non poté entrare in Italia e decise di raggiungere la Valsolda salendo da Brè all’Alpe Boglia e varcando il confine. Sui monti fu accoltellata alla schiena e abbandonata in un dirupo: era il 10 maggio 1945. Il suo cadavere fu rinvenuto da un gruppo di contrabbandieri soltanto nel febbraio del 1946. Ci furono alcuni sospettati ma la morte di Lucietta non ebbe mai giustizia.

Lucietta Buonvicini fu dunque, seppur svizzera e ticinese, una protagonista della Resistenza italiana. Il Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia riconobbe ufficialmente il suo ruolo di collegatrice e fu sepolta a Oria con gli onori militari.

 

Autrice: Manuela Maffongelli, 27 settembre 2016

© 2016 AARDT – CH-6818 Melano

Crediti fotografici: F.Giannantoni, L’ombra degli americani sulla Resistenza al confine tra Italia e Svizzera, Varese 2007

 

Fonti e bibliografia

Scritti di L. Buonvicini

Due lettere del 12 marzo 1945 ai compagni partigiani internati nei campi in Svizzera e al comandante partigiano “Alvarez”, pubblicate in Franco Giannantoni, L’ombra degli americani sulla Resistenza al confine tra Italia e Svizzera, Edizioni Essezeta-Arterigere, Varese, 2007, pp. 456-466.

 

Bibliografia

Antonio Bolzani, Oltre la rete, Istituto ticinese d’arti grafiche, Bellinzona, 1946, p.210.

Franco Giannantoni, L’ombra degli americani sulla Resistenza al confine tra Italia e Svizzera, Edizioni Essezeta-Arterigere, Varese, 2007.

Grossi Plinio, Ticino giallo. Rapine. Omicidi. Attentati. Raggiri, Fontana Edizioni, Lugano-Pregassona, 2009.

 

Fonti orali

Renzo Buonvicini, figlio di Lucietta, Oria (Valsolda), 15 giugno 2016.

 

 

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